La Superlega ha aperto un fronte polemico tra Uefa e i principali club d'Europa, che hanno sicuramente un modello di business insostenibile con le attuali entrate, e coltivano il bisogno e la speranza di risolvere le grane di bilancio con nuovi fiumi di denaro.

Nello stesso tempo, tra minacce, pressioni e il ritorno all'ovile dei club inglesi, rimangono sul tavolo alcune questioni piuttosto complesse, e sembra positivo lo sviluppo di un tavolo di dialogo diverso per un miglior sviluppo dello stesso gioco del calcio (che di certo non era il primario interesse dei big, ma alla fine potrebbe diventarlo).

Nello specifico, Florentino Perez nei suoi lunghi monologhi ha sottolineato un tema forte: il pallone sta perdendo appeal? E su quale target fa meno presa? In maniera semplicistica forse il concetto che è passato è il seguente: il calcio non piace più ai ragazzini, che gli preferiscono i videogiochi. Prima di chiedersi se sia vero, e in caso se sia davvero possibile competere con l'ambito gaming, così diverso, abbiamo provato a buttare giù 3 motivi per cui lo sport e il calcio sono migliori dei videogiochi (che comunque, ed è un dato di fatto, rimangono intrattenimento prediletto di tantissimi ragazzi). E 3 motivi per cui l'assunto precedente non è più vero.

Calcio meglio dei videogiochi? Ovviamente sì, ecco perché

Ad oggi mettendo a terra il problema e guardandolo da diversi lati il football è ancora molto migliore dei videogiochi, sotto tanti profili, alcuni del tutto ignorati dagli stessi club che hanno fondato la Superlega. Abbiamo cercato di mettere giù 3 motivi plausibili per cui bisognerebbe preferire una partita di calcio qualsiasi al gaming. Abbiamo escluso le emozioni (nessuno meglio di noi sa quanto può essere eccitante un finale convulso a Warzone o Fortnite), o le preferenze strettamente legate al gusto.

Nel calcio esiste la favola

Chiunque abbia una minima dimestichezza coi i videogiochi sa benissimo che le percentuali di possibilità di battere un pro gamer sono ridicole. Voi direte: ok, una squadra di quarta serie quante volte può arrivare in finale? O l'Atalanta, o il Leicester, o il West Ham quante volte potranno andare in Champions? Credo che l'elemento romantico sia quello che davvero manca alla Superlega, e ancor di più al gaming. La musichetta della Champions, le formazioni leggendarie, il calcio con cui siamo cresciuti in qualche modo arriva ad incidere profondamente. Ci vorranno molti anni, decenni, per arrivare ad un tale grado - quasi iconico - per il gaming, i pro player e compagnia cantante.

Il calcio è l'illusione 

Altra differenza: la connessione che si crea tra il vorrei ma non ho potuto e la partita di 22 professionisti è radicale e radicata nel calcio, ancora in nuce nel gaming. Anzi, proprio la democrazia dei videogiochi (tutti possiamo giocarci) in qualche modo corrisponde anche ad una perdita di fascino. Spieghiamo meglio: l'illusione che molti i bambini coltivano di poter un giorno giocare in un grande stadio, in qualche modo poi li trasforma in appassionati radicalmente connessi al gioco e alla squadra che stanno seguendo. Non si può replicare questo transfert sul gaming: di fatto, tutti possiamo giocare come vogliamo, in qualsiasi momento. Grande pregio, che allo stesso tempo toglie un livello di fascino importante.

Il calcio ha la televisione

Ecco, qui entriamo a gamba tesa su un terreno delicato. Le varie piattaforme di gaming - Twitch, Facebook Gaming, Youtube per i più attempati - in qualche modo sostituiranno le televisioni. Questo processo è già in corso, ma il tanto criticato circo mediatico intorno al fenomeno calcio - che per alcuni ne ha spezzato il fascino - ad oggi corrisponde ad un punto di forza. Certo, i pro gamer hanno centinaia di migliaia di iscritti giovanissimi, ma in qualche modo l'intero gaming-system sogna un giorno di avere la quotidianità su alcuni mezzi tradizionali - tv e carta stampata - e la stessa risonanza su piattaforme più moderne (social). 

Il gaming è meglio del calcio: altri 3 motivi

Esauriti 3 motivi per cui il calcio è meglio dei videogiochi, capovolgiamo il discorso. Le sterminate e vergini praterie del gaming quali reali motivi hanno per giustificare tanta preferenza - vera o supposta - da parte delle fasce più giovani? Andiamo a cercarle insieme.

Il gaming è moderno

Spiace dirlo, ma il gaming è moderno, ultramoderno: le piattaforme, gli interpreti, i performer, i concetti base stessi, i modi in cui ci stimola il cervello sono del tutto avanti, non al passo coi tempi ma di corsa in anticipo sugli stessi. Negarlo è da sciocchi: non c'è niente di più moderno dell'hype di un videogioco, di una skin di Fortnite o di una card di FUT. Il calcio si può rinnovare, si possono cambiare le regole, si può invocare il modello NBA, ma il problema è alla fonte. Lo sport fisico, fatto coi corpi e il sudore e la competizione da altri top player, ha lo stesso livello di coinvolgimento di una robusta partita tra amici su Warzone? E se rispondere risulta difficile, è almeno altrettanto moderno?

Il Gaming è sempre, ovunque

Altra grande differenza: i tornei, gli appuntamenti fissi, l'immenso palinsesto del calcio non possono che soccombere di fronte all'infinita platea di streamer, performer, giocatori pro, giocatori semplici, amici che popolano i social e le room dei migliori giochi del momento. Semplicemente non c'è partita: la fruizione dell'evento calcio - specialmente se per grandi masse, tipo una finale di Champions - è legato ad un orario, un giorno. Fa parte del suo fascino, ma nell'epoca dell'eterno fluire on demand di contenuti è limitante. Non posso guardare il big match quando voglio, farli iniziare a giocare esattamente quando ne ho bisogno. Nel gaming ovviamente nemmeno si può, ma ci si avvicina in maniera netta ad un concetto di intrattenimento Netflix. Quando voglio, come voglio.

Il gaming non ha bisogno di competenze

Ultimo punto, brevissimo: nell'epoca in cui studiare in termini di costo-fatica viene considerata attività poco affascinante, acquisire le competenze necessarie per capire ad un livello socialmente accettabile il calcio potrebbe essere poco desiderato. Detto che molti tifosi non si fanno di questi problemi, il gaming non ha bisogno di particolari competenze. Si può guardare per ore un performer senza conoscere neppure le regole del gioco. Ovviamente è una condizione illusoria: i pro player studiano, chi è appassionato conosce le dinamiche meglio delle tabelline. Ma l'illusione non è forse la base di ogni gioco?